Le separazioni, i divorzi e gli affidamenti sono ormai una realtà ampiamente diffusa nella nostra società.
Il disgregarsi del nucleo familiare ha certamente ripercussioni emotive su tutti i suoi membri; ai sentimenti di delusione, rabbia e fallimento vanno ad aggiungersi una serie di implicazioni “pratiche” che non fanno altro che amplificare il già delicato quadro di una famiglia che deve trovare un nuovo equilibro per poter funzionare.
L’intervento dello psicologo forense nei contesti giudiziari, è ormai pratica consolidata; egli diventa infatti l’ausiliario del Giudice fornendogli elementi utili alla presa di decisione circa una questione specifica.
Nelle consulenze tecniche d’ufficio (CTU) lo psicologo è chiamato dal Giudice a valutare una serie di aspetti cruciali: competenze genitoriali, qualità della relazione dei figli con ciascun genitore, capacità del genitore di tutelare la relazione del figlio con l’altro genitore, capacità di gestire il conflitto emotivo con l’altro genitore e di preservarlo agli occhi del figlio, valutazione dello stato psicologico dei minori, individuazione di eventuali condotte pregiudizievoli per il sano sviluppo dei figli, ascolto dei minori. Al CTU viene spesso richiesto di prospettare il migliore e più idoneo progetto di affidamento sulla base anche della volontà del minore e di suggerire un eventuale percorso di sostegno alla genitorialità o percorso psicoterapeutico individuale.
Viene sottolineata dunque l’importanza e la necessità di rendere il minore protagonista dei procedimenti giuridici che lo riguardano; il diritto del minore ad essere ascoltato è infatti garantito dalla legge che stabilisce che il minore che abbia compiuto 12 anni, o anche di età inferiore ove capacità di discernimento, deve essere ascoltato dal Giudice e dallo psicologo per tutte le questioni che lo coinvolgono.
Nello scenario tipico di una separazione altamente conflittuale i due genitori restano ancorati ai conflitti di coppia ancora irrisolti, le responsabilità vengono reciprocamente attribuite all’altro, le questioni economiche diventano motivo di discussione e, di conseguenza, lo stato d’animo del bambino diventa purtroppo secondario. Troppo spesso infatti i figli vengono strumentalizzati e coinvolti in dinamiche distruttive e tossiche che minano sensibilmente la crescita e lo sviluppo già intaccato dall’evento traumatico della separazione dei genitori. Il conflitto di lealtà, ad esempio, rappresenta uno dei fenomeni più rappresentativi delle separazione giudiziali: il bambino riceve continue richieste di alleanza per la propria posizione e contro quella dell’altro genitore. Se da una parte il bambino può cedere a tale pressione per conservare l’affetto del genitore, dall’altro sperimenta continui sensi di colpa per il comportamento riservato all’altro genitore.
Come intervenire in questo contesto? Quali sono gli accorgimenti che lo psicologo può adoperare durante l’ascolto del minore? Lo psicologo forense, oltre alla numerosa letteratura, farà riferimento alle Linee Guida proposte e costantemente aggiornate dall’AIPG (Associazione Italiana di Psicologia Giuridica) che costituisce un punto di riferimento essenziale per muoversi in questo campo. Nello specifico:
· Al minore deve essere anticipato che ci sarà un incontro con il Giudice e/o lo psicologo
· Al minore deve essere garantito uno spazio a lui idoneo
· Al minore deve essere chiarito che ciò che dirà potrà non essere mantenuto segreto in ragione del contesto
Oltre a questi aspetti “tecnici” è fondamentale l’instaurarsi di una relazione idonea tra lo psicologo ed il minore affinché egli si senta libero e a proprio agio per poter raccontare ed esprimere liberamente il suo stato d’animo. Come fare?
· Utilizzo di un linguaggio semplice e adeguato all’età del minore
· Introduzione sul motivo dell’incontro
· Conversazione su di un argomento neutro per facilitare la costruzione del rapporto
· Indagine sulle questioni familiari
· Ringraziamento per ciò che il minore ha scelto di condividere
· Chiusura su argomenti generali
I recenti casi di cronaca hanno messo in luce un fenomeno pericoloso e drammatico, quello della suggestionabilità e della possibilità di indurre nel minore dei falsi ricordi. Si fa riferimento alla condizione in cui, una vittima fragile e vulnerabile, cede alle pressioni e agli stimoli esterni e ne viene in qualche modo influenzato. In casi estremi il minore potrebbe sviluppare delle credenze del tutto false o avere dei ricordi in parte reali ma estremamente alterati di un determinato episodio o persona.
Ricordiamo infatti di quanti minori hanno accusato i propri genitori di abusi sessuali e violenze fisiche, ricordando e riferendo anche numerosi dettagli. Cosa può scatenare tale fenomeno? Bisogna ricordare che il bambino ha una maturità cognitiva ancora in fase di sviluppo e che l’adulto viene vissuto come un’autorità da rispettare e compiacere. Lo psicologo che conduce l’intervista al minore, che si tratti di un ascolto nell’ambito penale o civile, dovrà tenere conto dell’età e della capacità cognitive ed evitare ad esempio domande chiuse (risposte sì – no) e domande troppo complesse; è opportuno invece seguire il naturale andamento del discorso e prediligere le domande con risposta aperta che permettano al minore di esprimersi liberamente.
Solo considerando il bambino come una persona dotata di desideri, opinioni e sentimenti propri si potrà accoglierlo e rispettarlo nella sua unicità; ascoltare un bambino significa garantirgli il diritto di scegliere del proprio futuro.
Dott.ssa Anna Calleo
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